ASB Parents
Writers Club
Letter to my Parents
by Paolo Matteo Agostinelli
Sabato, 5 dicembre
La sveglia suona alle 6:45.
Bisogna andar via alle 7, per essere al JW Marriott di Santacruz, vicino all'aeroporto, alle 7:45. Quando Rabbi Coach Leroy raduna lo sciame festante di ragazzini e ragazzine fino ai 6 anni, a cui è dedicata la prima sessione di Saturday Soccer.
Io sono distrutto, vengo da una settimana difficile di aerei, tensioni sul lavoro, notti a metà.
Quando suona la sveglia sto miracolosamente dormendo, e profondamente; il che mi capita veramente di rado, alle 6 e 45 del mattino.
Mi sveglio di soprassalto, mi monta all'istante un'uggia, una quasi rabbia. Mi fa male la testa. La schiena.
Sono mezzo sudato, fatico a coordinare i movimenti. Non ho nessuna voglia, nessunissima voglia di niente.
E poi la porta della camera si scosta lentamente, in silenzio.
Un fascio sbieco di luce si fa strada sul pavimento, e vedo lui che azzarda a infilare la testa, tutti i capelli biondi finissimi accesi dal raggio di sole, arruffati come spaghetti scotti.
Vedo che sta immobile, un dito alle labbra, a capire se sono sveglio, se può avanzare verso di me. Sta lì, col pigiama-camicione bianco e verde, stropicciato anche quello, con un piede appoggiato sul dorso dell'altro.
E allora mi passano tutti i mal di testa e i mal di schiena e le ugge e i malumori e allargo le braccia in silenzio e lui scatta verso di me.
Poi andiamo da Rabbi, lui con la sua divisa di Saturday Soccer, e si porta stretto i guanti da portiere che li presta a tutti perché i portieri ruotano.
Sto seduto sulle sedie di velluto del Marriott, a bordo campo con gli altri genitori, a guardare mio figlio felice.
Mi ricordo allora di quando giocavo in giardino, alla sua età, e quando faceva buio ero contento lo stesso, perché tornavo in casa da voi, e c'era un buon profumo.
Ciao mamma, ciao papà.
Mi è venuta voglia di giocare a pallone.